«Vidi catturare Cesare Battisti sul monte Corno»
La drammatica testimonianza inedita di uno scledense.
L'ufficiale restò ferito e il patriota trentino cercò di curarlo prima di
arrendersi all'ineluttabile: «Tutto è finito. Mi rimane solo la forca!»
26 aprile 2013
La testimonianza inedita di un alpino scledense, scomparso
da oltre vent'anni ma emersa solo ora pubblicamente, getta luce sulla cattura
dell'irredentista trentino Cesare Battisti. A farla emergere è lo storico
Girolamo Pasqualotto. Il documento consiste in una lettera inviatagli nel 1985
dal tenente colonnello Matteo Ingravalle, che il 10 luglio 1916 si trovava sul
monte Corno in Vallarsa. Lì l'ufficiale racconta gli ultimi istanti del
patriota prima della cattura: «...si alzò in piedi e volse un ultimo sguardo
luminoso all'Italia, che salutò alzando la mano - scrive - Sono grato al
destino che volle farmi trovare accanto al grande Martire nell'ora tragica».
Degli eventi che portarono all'esecuzione di Battisti insieme all'amico irredentista
Fabio Filzi tutto è già noto agli storici. Un cono d'ombra rimane invece su
quel che accadde la mattina della loro cattura da parte delle truppe
austroungariche.
Dubbi che questo nuovo documento contribuisce a dissipare. «Ho
deciso di renderlo noto oggi a quasi un secolo dai fatti narrati per rendere
omaggio alla memoria di Matteo Ingravalle,morto nel 1992 a cento anni - spiega
Pasqualotto - sette anni dopo aver reso la testimonianza». Il resoconto inizia
nella mattina del 10 aprile, quando il plotone alpino comandato da Battisti era
sul punto di cadere nelle mani nemiche dopo un «eroico e sfortunato
combattimento» sul monte Corno. L'ufficiale sclendese era rimasto gravemente
ferito: «Cessata la sparatoria - ricorda - si avvicina a me Cesare Battisti.
Gli chiedo notizie. Mi informa della situazione e mi dice “tutto è finito: per
me rimane solo la forca!”». La cattura per lui avrebbe infatti significato la
condanna a morte con l'accusa di tradimento. «Lo guardo in silenzio con il
cuore stretto dal dolore - continua Ingravalle - “Se ritornerai” mi dice “porta
il mio saluto alla Patria”». In quel
momento arrivavano gli austroungarici per farli prigionieri.
Secondo Ingravalle
fu il cadetto Brunetto Franceschini che riconobbe l'irredentista. «Si rivolse
direttamente a lui e gli intimò di consegnargli la pistola. Battisti si alzò e
volse un ultimo sguardo luminoso all'Italia, che salutò alzando la mano».
Quindi fu condotto via.
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