sabato 5 ottobre 2013

«Vidi catturare Cesare Battisti»



«Vidi catturare Cesare Battisti sul monte Corno»

La drammatica testimonianza inedita di uno scledense. L'ufficiale restò ferito e il patriota trentino cercò di curarlo prima di arrendersi all'ineluttabile: «Tutto è finito. Mi rimane solo la forca!»

26 aprile 2013

La testimonianza inedita di un alpino scledense, scomparso da oltre vent'anni ma emersa solo ora pubblicamente, getta luce sulla cattura dell'irredentista trentino Cesare Battisti. A farla emergere è lo storico Girolamo Pasqualotto. Il documento consiste in una lettera inviatagli nel 1985 dal tenente colonnello Matteo Ingravalle, che il 10 luglio 1916 si trovava sul monte Corno in Vallarsa. Lì l'ufficiale racconta gli ultimi istanti del patriota prima della cattura: «...si alzò in piedi e volse un ultimo sguardo luminoso all'Italia, che salutò alzando la mano - scrive - Sono grato al destino che volle farmi trovare accanto al grande Martire nell'ora tragica». Degli eventi che portarono all'esecuzione di Battisti insieme all'amico irredentista Fabio Filzi tutto è già noto agli storici. Un cono d'ombra rimane invece su quel che accadde la mattina della loro cattura da parte delle truppe austroungariche. 


Dubbi che questo nuovo documento contribuisce a dissipare. «Ho deciso di renderlo noto oggi a quasi un secolo dai fatti narrati per rendere omaggio alla memoria di Matteo Ingravalle,morto nel 1992 a cento anni - spiega Pasqualotto - sette anni dopo aver reso la testimonianza». Il resoconto inizia nella mattina del 10 aprile, quando il plotone alpino comandato da Battisti era sul punto di cadere nelle mani nemiche dopo un «eroico e sfortunato combattimento» sul monte Corno. L'ufficiale sclendese era rimasto gravemente ferito: «Cessata la sparatoria - ricorda - si avvicina a me Cesare Battisti. Gli chiedo notizie. Mi informa della situazione e mi dice “tutto è finito: per me rimane solo la forca!”». La cattura per lui avrebbe infatti significato la condanna a morte con l'accusa di tradimento. «Lo guardo in silenzio con il cuore stretto dal dolore - continua Ingravalle - “Se ritornerai” mi dice “porta il mio saluto alla Patria”».  In quel momento arrivavano gli austroungarici per farli prigionieri. 


Secondo Ingravalle fu il cadetto Brunetto Franceschini che riconobbe l'irredentista. «Si rivolse direttamente a lui e gli intimò di consegnargli la pistola. Battisti si alzò e volse un ultimo sguardo luminoso all'Italia, che salutò alzando la mano». Quindi fu condotto via.

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