martedì 15 ottobre 2013

PROCLAMA di Sua Maesta il RE - 24 Maggio 1915



PROCLAMA di Sua Maesta il RE
24 Maggio 1915

SOLDATI DI TERRA E DI MARE!

L'ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata.
Seguendo l'esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il Comando Supremo delle forze di terra e di mare con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire.
Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamenti dell'arte, egli vi opporrà tenace resistenza; ma il vostro indomito slancio saprà di certo superarlo.


SOLDATI!
A voi la gloria di piantare il tricolore sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere, finalmente, l'opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri.
Gran Quartier Generale, 24 Maggio 1915

VITTORIO EMANUELE

Dopo 10 mesi di guerra - situazione militare mondiale al maggio 1915



Come si arriva al 24 maggio 1915
Dopo 10 mesi di guerra - situazione militare mondiale al maggio 1915

Iniziata ad agosto del 1914, la Grande Guerra ebbe un inizio movimentatissimo, ma dopo le grandi offensive e contro offensive, sia sul fronte occidentale che su quello orientale, gli eserciti sui vari fronti si fissano nelle trincee.
Ciò succede perché le tattiche campali utilizzate non hanno più una coerenza con la moderna tecnologia bellica prodotta all’epoca.
Le operazioni militari, in terra per mare e nel cielo, rispondono tutte alla stessa regola, che vede un equilibrio di tre forze : Mobilità, Potenza di fuoco e la Protezione. Nel 1914, questo equilibrio è rotto in favore della difesa, e i fronti si stabilizzano, perché nessuno ha più la forza di vincere una battaglia penetrando in profondità in territorio nemico.
Basta infatti una mitragliatrice dietro un ponticello di terriccio per bloccare un Battaglione. La po-tenza di fuoco espressa dalla difesa insomma, non è più bilanciata dalla capacità di movimento e dalla protezione degli attaccanti.
Tutti gli Stati Maggiori impegnati, cadono quindi in depressione e riflessione.

Presa coscienza di ciò negli alti comandi, si hanno due atteggiamenti generali, una è quello dell’attendismo dell’Intesa, l’altro è quello di trovare una novità tale per cui il fronte si rimetta in movimento. Francia e Gran Bretagna, potendo contare sull’alleato Russo che scatena offensive a comando sul fronte opposto, restano in attesa che gli imperi centrali vengano strangolati dal blocco economico e marittimo, gli imperi centrali invece, consci della loro limitata autonomia economica a causa del blocco operato dall’Intesa, cercano una diversa soluzione. I tedeschi puntano sullo studio di nuove tattiche campali …che vedremo in seguito, gli Austriaci invece pensano a nuove alleanze o accordi. È in quest’ottica che nasce la proposta Austriaca di garantirsi pienamente la neutralità italiana offrendole un compenso. Ciò avrebbe permesso all’Impero di liberare tutte quelle forze che altrimenti venivano tenute in presidio sulla frontiera con l’Italia, costituendo una riserva mobile da lanciare in battaglia.



L’Italia risponderà con una contro proposta, che ha lo scopo di prendere tempo, perché il Governo e SM il Re, hanno già deciso quale dovrà essere l’impegno italiano, si tratta solo di stabilire il quan-do ed il come (vedere La discesa in campo dell’Italia)
E’ chiaramente una controproposta quella italiana, che ha lo scopo di prendere tempo, perché SM il Re, ha già deciso quale dovrà essere l’impegno italiano, si tratta solo di stabilire il quan-do ed il come.

Infatti l’Italia sta trattando parallelamente e freneticamente nel segreto più assoluto con l’intesa il suo impegno sulla base di un patto, definito poi “Patto di Londra” che prevede annessioni al Regno di territori importanti. Vengono promesse le province austriache fino alla frontiera alpina del Brennero, l’Istria, Gorizia, Gradisca, Trieste, la Dalmazia settentrionale, Va-lona e parte del territorio albanese, la sovranità definitiva sul Dodecanneso in Egeo e la provin-cia turca di Adalia in Asia Minore, oltre alla possibilità di una ulteriore espansione coloniale in Africa da concordarsi in seguito (Pag. 150 de “VE III, l’astuzia di un Re” di Antonio Spinosa)

A questo punto però, viene da chiedersi…
Ma perché l’Italia non accetta la proposta Austriaca che ha il vantaggio d’essere a costo ZERO ?
Intanto perché non è una proposta a costo zero, (Vedere Accordo preliminare del 27 marzo 1915) e poi perché Vittorio Emanuele III ha chiaramente compreso che la guerra gli Imperi centrali non la possono vincere per questioni strategiche e geografiche, e che quindi delle promesse di una potenza sconfitta, all’Italia non sarebbe venuto in tasca nulla.

L’Italia entra quindi in guerra contro l’Austria per i motivi su indicati il 24 maggio 1915.
Alle ore 03,30 del mattino, fanti italiani attraversano il confine, preceduti dal tiro di artiglieria…
La dichiarazione di guerra era stata consegnata a Vienna il giorno precedente.


Uno dei luoghi comuni che si usa più spesso per aprire l’argomento e screditare fin dalle prime battute il “fatto storico”, recita che il popolo italiano nel 1915 non sente l’ardore della guerra, che non la vuole, e che non sente il bisogno di questa impresa. E’ quindi complessivamente contrario. Ora nessuno penso abbia mai sentito il bisogno - tra il popolo - di scendere in guerra, ne prima ne dopo di allora, ma non è corretto neppure scrivere che gli italiani erano tutti contrari e che nessuno sentiva questo “dovere”.
Basti pensare che i volontari inizialmente furono numerosissimi, …arrivarono addirittura dall’estero. Quando gli emigranti ebbero notizia che l’Italia era entrata in guerra, oltre 67.000 nostri connazionali rientrarono in Patria volontariamente per arruolarsi e fare sentitamente il loro dovere. Sono numeri che con l’attuale fiducia nelle istituzioni di questa repubblica sembrano impossibili, eppure, questo era il sentimento di amore vero, verso il proprio Paese. Questa l’unità di popolo che già allora esisteva. 

Dal canto suo, il Re parte per il fronte alla mezzanotte del 25 maggio, in sordina e quasi di nasco-sto, dopo aver lasciato a Roma come Luogotenente del Regno, lo Zio Tommaso di Savoia, Duca di Genova.
Il 26 maggio, non appena giunto a Torreano di Martignacco nell’Udinese prende residenza in una villetta che battezza immediatamente Villa Italia. Da quel luogo scrive da soldato il Proclama alla Nazione. 

Il proclama è rivolto in modo particolare ai soldati, e riconosce nel nemico un avversario “agguerrito e degno”, e quanto fosse “favorito dal terreno”.
Prevede una “tenace resistenza” ma si diceva certo che l’esercito italiano avrebbe saputo superarla con “indomito slancio
Nel proclama emerge chiaramente il rispetto per l’avversario, e l’obiettivo da raggiungere : il completamento dell’Unità nazionale.

Controproposta Italiana dell’11 aprile 1915



Controproposta Italiana dell’11 aprile 1915

Il progetto italiano di trattato con l'Austria-Ungheria proposto in data 11 aprile 1915 per una eventuale neutralità durante la prima guerra mondiale.

N.d.r: il documento seguente è una traduzione dall'originale tedesco conservato dall'Austria-Ungheria. Fu redatto in risposta all'iniziale offerta austriaca. Le trattative dell'Italia furono condotte in parallelo con i colloqui con i paesi dell'Intesa.

Articolo 1. L'Austria-Ungheria cede all'Italia il Trentino con i confini assegnati al Regno Italico nel 1811, cioè dopo il trattato di Parigi del 28 febbraio 1810.

Articolo 2. Una rettifica del confine orientale includente le città di Gorizia e Gradisca sarà concessa dall'Austria-Ungheria in favore dell'Italia. Segue un'esatta descrizione del nuovo tracciato del confine.

Articolo 3. La città di Trieste unitamente al suo territorio, il quale si estende a nord fino a Nebresina inclusa, perciò confinante con il nuovo confine italiano (Art. 2), e che a sud include la circoscrizione giudiziaria di Capodistria e Pirano, sarà costituita come Stato autonomo e indipendente dal punto di vista politico, internazionale, militare, legislativo, finanziario e amministrativo. L'Austria-Ungheria rinuncerà a tutti i diritti di sovranità su questo stato, il quale rimarrà un porto franco. Le truppe austro-ungariche e italiane non entreranno nel suo territorio. Il nuovo stato si assumerà una parte dell'attuale debito di stato austriaco, in proporzione al numero dei suoi abitanti.

Articolo 4. L'arcipelago delle Curzolari, Lissa (con le adiacenti isole Sant'Andrea e Torcola), Curzola, Lagosta (con le adiacenti isole e scogliere), Cazza e Meleda nonché Pelagosa, saranno ceduti dall'Austria-Ungheria all'Italia.

Articolo 5. Il territorio ceduto dall'Austria-Ungheria (Art. 1, 2 e 4) sarà immediatamente occupato dall'Italia. Da parte loro, le autorità e le truppe austro-ungariche lasceranno Trieste e il suo territorio (Art. 3) e le truppe di mare e di terra originarie di questo territorio saranno subito congedate dal servizio.

Articolo 6. L'Austria-Ungheria riconosce la piena sovranità dell'Italia su Valona e la sua baia, compresa Saseno, con tanto territorio dell'entroterra quanto necessita alla sua difesa.

Articolo 7. L'Austria-Ungheria si disinteresserà completamente dell'Albania entro i confini derivati dalla Conferenza di Londra.

Articolo 8. L'Austria-Ungheria concederà completa amnistia e immediato rilascio a tutte le persone originarie dei territori ceduti o abbandonati (Art. 1, 2 e 4) e condannate o coinvolte in un processo per ragioni militari o politiche.

Articolo 9. Allo scopo di liberare i territori ceduti (Art. 1, 2 e 4) dalla loro parte del debito di stato austro-ungarico come anche dalle obbligazioni per il pagamento delle pensioni agli ex funzionari regio-imperiali, in cambio del completo e immediato trasferimento in possesso italiano delle intere proprietà mobili e immobili dello stato, con l'esclusione delle armi che si trovino nei territori, e al fine di compensare i necessari diritti dello stato per quanto riguarda i territori in questione, come sopra riferiti, tanto per il presente quanto per il futuro, senza eccezioni, sarà pagato dall'Italia all'Austria-Ungheria l'ammontare di duecento milioni di lire in oro.

Articolo 10. L'Italia si assume l'obbligo, durante l'intera guerra attuale, di osservare una perfetta neutralità verso l'Austria-Ungheria e la Germania.

Articolo 11. L'Italia rinuncia per l'intera durata dell'attuale guerra al diritto di richiedere a proprio favore le disposizioni dell'Articolo VII del trattato della Triplice Alleanza e l'Austria-Ungheria pronuncerà la medesima rinuncia per quel che riguarda l'occupazione del Dodecanneso da parte dell'Italia.

Fonte: Ferdinand Gruner, Der Treubruch Italiens - unter Benuetzung amtlicher Quellen, München 1916.

Accordo preliminare Austria - Italia del 27 Marzo 1915



Accordo preliminare Austria - Italia del 27 Marzo 1915

La prima proposta austriaca del 27 Marzo 1915 per una cessione territoriale in favore dell'Italia, in vista di una sua neutralità nella prima guerra mondiale.

L'Italia si obbligherà, fino alla fine dell'attuale guerra, a osservare una benevola neutralità verso l'Austria-Ungheria e i suoi alleati sotto l'aspetto politico, militare ed economico.

In questo senso essa si obbligherà inoltre a garantire all'Austria-Ungheria, per l'intera durata dell'attuale guerra, una piena e completa libertà d'azione nei Balcani e a rinunciare fin d'ora a ogni nuova compensazione per vantaggi territoriali o altri che eventualmente si dovessero produrre per l'Austria-Ungheria da questa libertà d'azione. Questo accordo non si estenderà però all'Albania, rispetto alla quale rimarranno in vigore il trattato vigente tra Italia e Austria-Ungheria nonché le risoluzioni della Conferenza degli Ambasciatori a Londra.

L'Austria-Ungheria da parte sua sarebbe pronta a una cessione territoriale nel Südtirol, inclusa la città di Trento. La definizione dettagliata sarà conclusa in modo che siano tenute in considerazione le esigenze strategiche che si dovessero produrre da un nuovo confine, così come le necessità economiche della popolazione.

Questa cessione territoriale dell'Austria-Ungheria avrebbe come conseguenza per l'Italia l'obbligo di assumersi la quota pendente riferita al territorio in questione del debito di stato austriaco, nonché i debiti provinciali, comunali e altri, nella misura in cui questi ultimi godano di una garanzia statale.

L'Italia si dovrà inoltre obbligare al pagamento di una somma complessiva all'Austria-Ungheria come indennizzo per tutti gli investimenti intrapresi dallo Stato nel territorio in cessione, senza pregiudizio degli acquisti delle linee ferroviarie che si trovano in questo territorio e delle retribuzioni individuali come anche collettive (Proprietà della Chiesa, maggiorascati, pensioni degli ex funzionari pubblici, ecc.)

Non appena sarà stabilito l'accordo in principio sulle condizioni sopracitate, l'Austria-Ungheria e l'Italia entreranno nella discussione dei dettagli. L'intesa definitiva che si produrrà da queste discussioni sarà fissata in una convenzione segreta da concludersi tra Austria-Ungheria e Italia.

Fonte: Ferdinand Gruner, Der Treubruch Italiens - unter Benuetzung amtlicher Quellen, München 1916.


venerdì 11 ottobre 2013

Convegno su Re Vittorio Emanuele III

28 dicembre 1987 - Torino

L'Avvocato Roberto Vittucci Righini, apre i lavori del convegno con una accorata premessa sullo scopo del Convegno sultosi per commemorare i 40 anni dalla morte del più grande Sovrano d'Italia avvenuta in esilio in terra d'Egitto.

Non sapremo mai ringraziare abbastanza l'Amico Roberto per quanto ha sempre fatto e continua a fare per il nostro ideale!


giovedì 10 ottobre 2013

La discesa in campo dell’Italia (La scelta di VE III)



Come si arriva al 24 maggio 1915
La discesa in campo dell’Italia (La scelta di VE III)

Fatta la scelta corretta (momentaneamente) di essere neutrali, perché l’Italia alla fine scende in campo ?
Essere oggi politicamente corretti, vuol dire ribadire alla noia, urlando se è necessario che l’Italia doveva e poteva restare fuori dal conflitto.
Dirlo oggi è facilissimo, farlo nel 1914/15 era difficile, anzi nelle nostre condizioni, era pressoché impossibile.
Occorre ricordare che l’Italia, era un Paese con una popolazione numerosa ed in grande sviluppo demografico, che già stentava a trovare sussistenza. Sono di allora infatti le grosse masse di emigranti che prendono il mare per cercar fortuna altrove. L’Italia inoltre, come abbiamo visto, viveva un isolamento internazionale (politico) ma dipendeva dall’estero per quanto riguardava i rifornimenti alimentari e l’energia (economia) soprattutto dalle potenze occidentali dell’Intesa. Di fatto il nostro Paese, veniva tollerato all’estero, perché membro di un’alleanza militare oppure perché eravamo dei grossi clienti. 
Ecco quindi che SM il Re Vittorio Emanuele III - che la storiografia ufficiale dovrà prima o poi rivalutare nella sua grandezza – compresa questa situazione, cala il primo degli assi, che in 46 anni Regno, lo caratterizzeranno, e che favoriranno la sopravvivenza stessa dell’Italia nonostante tutto e nonostante tutti.


Egli infatti, con la sua intelligenza intuisce che pur non essendo “obbligato” ad entrare in guerra, lo deve fare per garantire al suo paese un processo di sviluppo, economico e sociale nel futuro, ma soprattutto di poterlo fare questo sviluppo, …in piena autonomia e sovranità.

Purtroppo ha di fronte una classe politica e dirigente abbastanza miope che vede nelle piccole commesse militari per l’estero, una facile fonte di guadagno immediata. L’opinione pubblica poi - vessata da politicanti ancora più miopi - risulta in maggioranza contraria, e si trova divisa da grossi problemi sociali.

I contrari alla guerra, vorrebbero aspettare la fine della stessa per poi aggirarsi come avvoltoi senza onore sui tavoli della pace per raccogliere qualche briciola. Giolitti ad esempio è tra questi, contro l’intervento.
Va detto che la situazione internazionale con lo scatenarsi della guerra nel 1914, non era certo migliorata per l’Italia, anzi i rifornimenti di cereali e di carbone sono parecchio rallentati dalle necessità dei Paesi già in conflitto tra loro, e sarebbe andata anche peggio una volta che il conflitto fosse finito. Chiunque fosse uscito vittorioso dal duello infatti, non avrebbe più avuto per molto tempo, un contrappeso internazionale, e avrebbe potuto chiedere all’Italia qualsiasi cosa, perché l’Italia rimasta sola nel suo isolamento, sarebbe stata senza possibilità alcuna di potersi difendere. Le colonie sarebbero state la prima vittima, ma poi le isole dell’Egeo, le concessioni in Cina e via dicendo. Era sicuramente possibile un processo di erosione simile a quello che aveva interessato la Spagna nell’800, e stava interessando l’Impero Ottomano tra la fine dell’800 e inizio del ‘900.

Per convincere i politici e l’opinione pubblica ad intervenire quindi, il Re, ha dalla sua l’ancora diffusissimo sentimento anti tedesco risorgimentale. Ha buon “gioco” su di esso, grazie al fenomeno fortissimo dell’irredentismo. L’obiettivo era di rompere l’isolamento internazionale di cui l’Italia è vittima, e completare in un colpo solo l’unità nazionale. Vuol però dire entrare in guerra contro gli ex alleati in favore delle potenze dell’Intesa.

Passa al contropiede quindi, per garantire all’Italia, l’aria stessa per respirare.
È un capolavoro di politica estera in base alle prerogative concesseGli dall’Articolo 5 dello Sta-tuto Albertino.
Art. 5. - Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il Capo Supremo dello Stato: comanda tutte le forze di terra e di mare; dichiara la guerra: fa i trattati di pace, d'al-leanza, di commercio ed altri, dandone notizia alle Camere tosto che l'interesse e la sicurezza dello Stato li permettano, ed unendovi le comunicazioni opportune. I trat-tati che importassero un onere alle finanze, o variazione di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto l'assenso delle Camere.

Re Vittorio Emanuele III fu il vero regista dell’Intervento, a cominciare dai negoziati  segreti che portarono il 26 aprile 1915 alla firma del “Patto di Londra” insieme alle Potenze dell’Intesa: Inghilterra, Francia e Russia. Le clausole segrete di questo  accordo, che promettevano all’Italia una cospicua espansione territoriale, furono il motivo che spinsero il Sovrano ad abbandonare definitivamente i vecchi alleati, che avevano nutrito sempre sentimenti di ostilità nei confronti dell’Italia e gli diedero la possibilità di realizzare il sogno di completare l’epopea risorgimentale, portando a termine il processo di unificazione nazionale che il suo avo Re Carlo Alberto aveva iniziato varcando il Ticino nel marzo del 1848.
Solo Re Vittorio Emanuele III, il Presidente del Consiglio Salandra ed il nuovo Ministro degli esteri, il Barone Sidney Sonnino, erano a conoscenza del Patto di Londra, di cui erano anche gli artefici.
Le “radiose giornate” che portarono all’entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa
furono però non furono facili, e vi furono diversi colpi di scena, che tennero l’ago della bilancia “pro e contro la guerra” sempre in equilibrio.
Mai come in quei frangenti Re Vittorio Emanuele III fu il “deus ex machina” della situazione. Il 3 maggio comunque, l’Italia comunicava a Vienna la rottura del Trattato della Triplice Alleanza, ma il 13 maggio Antonio Salandra si sentì costretto a rassegnare al Re le sue dimissioni in seguito alla crisi extraparlamentare provocata da oltre trecento deputati e cento senatori, che dimostrarono la loro solidarietà con il neutralista Giolitti inviando alla sua abitazione romana una montagna di biglietti da visita e lettere di solidarietà.
Di fronte alle dimissioni del Governo interventista di Salandra, Vittorio Emanuele III, sempre convinto della necessità di entrare in guerra, seppe condurre il gioco con grande abilità.
Dopo brevissime consultazioni, convocò nuovamente il dimissionario Antonio Salandra il 15 maggio, e lo incaricò di presentarsi alle Camere a chiedere la fiducia. Poiché Salandra recandosi a Villa Savoia dal Sovrano aveva detto: “Il nostro ritorno è la guerra”, era ben chiaro, che diventava da quel momento il simbolo stesso della decisione del Governo di entrare in guerra. Il 16 maggio il suo Governo ottenne la fiducia parlamentare con ben 407 voti a favore e solo 74 contrari. Giolitti alla fine aveva ceduto, votando e facendo votare ai suoi estimatori a favore!

Quella del Sovrano fu una decisione sofferta, perché respingendo le dimissioni di Calandra, spianò la strada all’intervento dell’Italia in guerra a fianco delle Potenze dell’Intesa. Del resto, il Re aveva già operato la propria scelta di campo quando aveva sottoscritto il Patto di Londra.
Vittorio Emanuele III, fedele al principio secondo il quale “quando un governo è debole, la Corona deve essere forte” guidò la Nazione in quel particolare momento storico in perfetta sintonia con il suo ruolo di Monarca costituzionale, cioè rispettoso delle prerogative Statutarie.
In quel “maggio radioso” Vittorio Emanuele III portava a termine un progetto che aveva in mente a partire dal 1900, allorché era salito al trono: il progressivo sganciamento dell’Italia dalla Triplice Alleanza a fianco degli Imperi Centrali, e in particolare di quell’Impero Austro-Ungarico che occupava le nostre terre irredente di Trento e Trieste, ed il nostro allineamento a fianco delle Potenze dell’Intesa.

Alberto Conterio